Descrizione
Gli studenti delle classi seconde della scuola secondaria di primo grado sono stati i protagonisti, questa mattina, della commemorazione, presso l’obelisco dedicato ai caduti, del 177° anniversario della battaglia di Sorio, evento che fu tra i primi episodi bellici delle guerre d’indipendenza italiane dall’impero austroungarico.
Con letture e canti hanno accompagnato le orazioni ufficiali, affidate al sindaco di Montebello Vicentino, Dino Magnabosco, al sindaco di Gambellara, Michele Poli, e al consigliere regionale Marco Zecchinato.
Il filo conduttore è stato rappresentato dai concetti della lotta per la libertà, il cui esempio è stato il sacrificio dei caduti veneti nella battaglia (soprattutto giovani studenti dell’Università di Padova), e della difesa del valore della pace.
Ecco il discorso pronunciato dal sindaco Dino Magnabosco:
Autorità civili e militari, amministratori pubblici e cittadini qui presenti, buongiorno a tutti voi.
Anche quest’anno ci troviamo qui, su questo colle e davanti a questo obelisco, per ricordare un episodio molto importante della nostra storia: la battaglia di Sorio, che si è combattuta proprio qui 177 anni fa, l’8 aprile 1848.
È un momento che ci unisce come comunità e ci fa sentire parte di una storia più grande: la storia dell’Italia che lottava per diventare un paese libero e unito.
Qualche mese fa ho visitato l’Università di Padova, il Palazzo del Bo. Non mi aspettavo di trovare lì un legame così forte con Montebello. Su una parete decorata ho visto due date dell’anno 1848 incise su un capitello: l’8 febbraio e l’8 aprile. La prima ricorda i moti degli studenti padovani, la seconda proprio la battaglia combattuta qui, a Sorio. Due episodi solo in apparenza distanti, ma in realtà uniti da un filo comune: la sete di libertà e il coraggio di chi ha avuto la forza di opporsi all’oppressione.
Quest’anno, per la prima volta, abbiamo scelto di anticipare la cerimonia di un’ora. Non è solo un dettaglio organizzativo, ma un segno concreto del nostro impegno verso la memoria e la formazione. Al termine della commemorazione, infatti, i nostri studenti visiteranno il Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza. Sarà un’occasione preziosa per approfondire ciò che è avvenuto qui a Sorio e per collocare quell’evento nel più ampio contesto del cammino verso l’unità d’Italia. Perché conoscere la storia attraverso i luoghi e i documenti aiuta a capirla meglio, a sentirla più vicina, più vera.
A questo proposito, voglio ringraziare sinceramente l’assessore all’Istruzione, la dirigente scolastica, i docenti, il personale scolastico e gli accompagnatori che hanno reso possibile questa uscita formativa. Il loro impegno quotidiano è fondamentale per trasmettere ai ragazzi il valore della memoria, della cittadinanza e della partecipazione attiva alla vita della comunità.
Torniamo a quei giorni del 1848: l’Italia non era ancora unita e gran parte del nostro territorio era sotto il dominio dell’Impero Austriaco. A Vicenza fu formato un gruppo di volontari chiamati “crociati”, o “corpi franchi”. Erano giovani, spesso poco equipaggiati e con poca esperienza, ma animati da un grande desiderio di libertà.
Il 6 aprile partirono da Vicenza per contrastare l’avanzata di un contingente austriaco molto più numeroso. Il primo scontro avvenne il 7 aprile. L’8 aprile la battaglia si spostò proprio qui, a Sorio. Gli studenti padovani, insieme ad altri volontari provenienti dal Veneto, arrivarono a rinforzo e difesero queste colline con coraggio. Gli austriaci, però, riuscirono ad aggirare le linee italiane e i crociati furono costretti alla ritirata. Molti non fecero ritorno: tra loro, tantissimi erano appunto studenti, poco più grandi di voi, ragazzi che avevano lasciato i banchi per imbracciare un fucile, spinti dall’ideale di un’Italia libera.
La battaglia fu cruenta. Il sangue scorse su una terra che oggi calpestiamo in pace.
Sul campo rimasero circa cinquanta combattenti crociati. Vicenza sarebbe stata presto rioccupata dal maresciallo Radetzky e rimase sotto il controllo austro-ungarico fino alla definitiva liberazione del 13 luglio 1866, con l’arrivo della cavalleria italiana guidata dal capitano Dario Delù.
Oggi, mentre in Europa infuria un altro conflitto che minaccia la pace e la stabilità internazionale, quel ricordo si fa ancora più attuale. Perché la libertà non è mai un dono: è sempre una conquista. È frutto del coraggio, della determinazione, della memoria.
Quella parete del Bo, con le sue date incise nella pietra, ci ricorda che noi non siamo solo spettatori della storia. Ne siamo parte attiva. Custodirne la memoria è un dovere, ma anche un onore. E farlo qui, insieme, è il modo migliore per rendere omaggio a chi ci ha preceduti e per continuare a costruire, giorno dopo giorno, una comunità giusta, solidale e fedele ai valori che ci hanno unito come nazione.
Quel sogno, anche se sembrava sconfitto, ha continuato a vivere. Il sacrificio di quei giovani, insieme a tanti altri in tutta la penisola, è diventato il seme dell’Italia libera e unita che oggi conosciamo.
Montebello e Gambellara hanno pagato un prezzo alto, ma non hanno mai dimenticato. E oggi siamo qui proprio per questo: per ricordare.
Ragazzi, ricordate: non siete soltanto spettatori della storia. Ne siete parte. E potete onorarla ogni giorno con il vostro impegno, il vostro senso di giustizia, il vostro rispetto per gli altri.
Costruendo un mondo più giusto, più libero, più solidale.
Viva la libertà, viva l’Italia!
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Ultimo aggiornamento: 9 aprile 2025, 12:24